Dopo
la protesta riguardante la mancata apertura della facoltà nell’orario serale,
attraverso la richiesta di invio di personale da parte del preside
all’amministrazione centrale dell’Ateneo, un nuovo spettro si aggira per la
facoltà:
L’ESTERNALIZZATO.
E proprio di spettro si deve parlare perché sono veri e propri corpi
evanescenti che mandano avanti l’università, in ogni settore, infatti se questa
figura è nuova per la sede della nostra facoltà in via Serafini, al polo Carmignani
così come in tutte le altre strutture universitarie i servizi vanno avanti
sempre più grazie a queste persone.
Ma perché L’università
esternalizza ?
Esternalizzare significa prendere un pezzo della
propria attività di azienda o di amministrazione pubblica e affidarla a una
società esterna che provvederà a prendere i lavoratori in carico e fare il
lavoro per me. Nella sola Pubblica amministrazione ce ne sono 350.000, la
motivazione: risparmiare, o semplicemente abbassare qualche voce di bilancio in
uscita(spesa al personale), vedi il problema del tetto del 90% in rapporto tra
fondo di finanziamento ordinario e spesa per il personale. Il
risparmio non sempre è raggiunto perché i costi dell’appalto sono molti, i
servizi peggiorano (e intanto a noi studenti aumentano le tasse) e i lavoratori
hanno trattamenti di gran lunga peggiori, con stipendi da fame, pochi diritti e
molti doveri.
In
questo gioco al massacro i diretti tramiti di questo sfruttamento sono le ormai
molte cooperative rosse o bianche che funzionano ormai come veri e propri
caporali, specializzate nel mettere in affitto i lavoratori.
Tutto
questo è possibile grazie all’università che, per arrivare all’osso, oltretutto
appalta i servizi con gare su criteri di “offerta economicamente più
vantaggiosa”, che nella pratica non si discosta molto dal criterio del massimo
ribasso.
Questo
porta a far si che ad esempio un lavoratore delle portinerie arriva a prendere
un massimo di 1200 euro al mese per 36 ore a settimana con un contratto a tempo
pieno mentre un esternalizzato per arrivare a massimo 1080 euro dovrebbe fare
40 ore a settimana, nessuno però arriva a così tante ore, i loro stipendi si
fermano intorno agli 800/850 euro, per contratti part-time che variano dalle 30
alle 36 ore a settimana (in media).
Inoltre
gli esternalizzati rimangono a casa senza stipendio quando si interrompe il
servizio, se si considera la chiusura delle nostre facoltà ad agosto, a natale
e a pasqua, si può capire la drammaticità dei fatti.
Queste
persone hanno uno stipendio (da fame) garantito per 10 mesi l’anno… e gli altri
due mesi??? DIGIUNO.
Inutile quindi
sottolineare l’estrema precarietà di questi soggetti sempre più presenti nel
nostro “emerito” Ateneo che, anche nei casi in cui esistano contratti a
tempo indeterminato e garanzie di reintegrazione sul cambio d’appalto,
rimangono comunque legati ad un appalto che può variare e con le condizioni
disumane sopra descritte.
C’è da dire comunque che per le
esternalizzazioni più recenti, vedi ad esempio i servizi integrati delle
biblioteche, ci sono situazioni ancora peggiori con contratti a tempo
determinato e parasubordinati (co.co.pro, co.co.co, prestazioni occasionali ecc..) nessuna garanzia sulla
reintegrazione nel cambio d’appalto e part-time con percentuali molto basse che
portano a stipendi ridicoli attestati intorno ad una media di 700 euro al mese.