C’è una situazione esasperante
che vede precarietà nel mondo del lavoro, compressione del potere d’acquisto
dei salari e aumento del costo della vita.
Il popolo della quarta settimana
si è trasformato nel popolo della terza settimana, quando va bene.
Gli studenti soprattutto in
questa città sono una parte fondamentale su cui si può misurare il livello di
arretratezza delle misure di tutela sociale.
Come studenti, si è costretti a
subire un doppio sfruttamento, da una parte una vera e propria spremitura
finanziaria sia per noi che per le nostre famiglie, dall’altra ognuno è
costretto a svendersi sul mercato del lavoro, un mercato che offre precarietà e
annullamento dei più basilari diritti, più che sindacali, umani.
L’effetto prodotto da 50.000
studenti (in una città di 90.000 persone) che si riversano sul mercato del
lavoro senza riuscire a richiedere e ottenere le giuste garanzie e i diritti
sacrosanti, sono devastanti, un esercito di riserva che per disperazione è
pronto a qualsiasi mansione anche se con capacità professionali alte.
La prima azienda pisana è
sicuramente l’università che attraverso i suoi servizi precarizza e “spreme”
questi soggetti, che sono poi gli stessi che si trovano a dover fare i conti
con i costi sempre più alti di una formazione a dir poco scadente.
L’Ateneo è quindi un eminente
signore che con una mano, offre lavoro sottopagato precario e senza diritti, e
dall’altra prende enormi cifre dai portafogli nostri (sempre vuoti) e da quelli
delle nostre famiglie, obbligate ad investire (per chi se lo può permettere)
nel futuro dei propri figli, ignorando spesso che per futuro si intende nella
migliore delle ipotesi il mese successivo.
Aumento delle tasse universitarie,
aumento della mensa, affitti alle stelle, libri dai prezzi improponibili,
biblioteche carenti e professori che obbligano all’acquisto dei propri testi.
Le contro-riforme
(Zecchino,Moratti) insieme ai costi insostenibili hanno trasformato le nostre
università in esamifici dove ognuno va di corsa a preparare esami e esamini col
rischio di rimanere per troppo tempo
all’interno della facoltà e spendere veri e propri milioni per una
formazione che come abbiamo già detto è spesso scadente o quanto meno poco
qualificante, riservandoci poi l’obbligo di dover collezionare qualche master
da 4.000 euro più spese, per potersi svendere meglio sul mercato (buttato
proprio su un tavolo del mercato come un pesce che dopo un po’ puzza e per
questo vale meno).
Il diritto (allo studio) si trasforma
in privilegio, perfino l’azienda Ardsu si sposta a Firenze centralizzando il
consiglio d’amministrazione per essere sicuri di star ben lontano dai problemi
degli studenti.
Il soggetto studente sta andando
scomparendo e al suo posto è arrivato l’utente, un fruitore dei servizi per cui
paga e che non sviluppa nessun senso critico né partecipa alla vita della
facoltà in tutte le sue forme, come succedeva un tempo.
Noi pensiamo sia necessario
riappropriarsi dei mezzi necessari per un diritto allo studio di tutti e una libera circolazione dei saperi contro le
dinamiche classiste di questa società.
Dobbiamo riprenderci ciò che ci
spetta, partendo dai tempi della didattica cercando si superare la
cellularizzazione del sapere, il sapere in pillole che mal si digeriscono e arrivando
al reddito, diretto e indiretto, cercando di abbassare i costi di una vita che
non possiamo più permetterci e cercando di riuscire ad essere sempre meno sotto
costante ricatto.
La condivisione dei materiali,
l’accesso diretto agli strumenti di studio, lo scambio e l’informazione possono
permettere agli studenti di riappropriarsi, attraverso la collaborazione
reciproca e l’autogestione, del proprio diritto allo studio.
Accedere alla cultura sta diventando sempre
più difficile, le conseguenze sociali del copyright e dei brevetti
sono devastanti, perché ostacolano la diffusione dei saperi e
limitano la circolazione delle idee nella società, rinforzando lo
sbarramento di classe per cui solo chi può pagare ha diritto
allo studio, alla cultura, al piacere, all’intrattenimento e allo sviluppo
della propria intelligenza.
In questo senso la rete ha dato alcuni
strumenti per combattere la mercificazione del sapere, interessanti sono le
esperienze legate al movimento culturale per il copyleft e per il software
libero, attraverso ad esempio le licenze creative commons e i software open
source.
Anche a qui a Scienze politiche,
costretti a fotocopiare per necessità, abbiamo organizzato all’inizio dell’anno
un progetto di condivisione di libri di testo fotocopiati integralmente,
denominato book crossing.
Il progetto che presenteranno i
compagni di Napoli stasera è un’evoluzione moderna di questa pratica, una
pratica basata sull’autogestione e sull’autorganizzazione, pratica che ha
bisogno di solidarietà e dell’aiuto di tutti per espandersi e diventare ancora
più grande.
Per maggiori informazioni sul
progetto presentato: www.libreremo.org